Fecondazione post mortem: cosa significa?

Il tema della PMA, meglio nota come fecondazione artificiale, suscita spesso dibattiti e alimenta interrogativi, soprattutto in casi molto delicati come quello in cui uno dei due soggetti della coppia viene a mancare prima dell’inizio della gravidanza. In queste situazioni, si parla di “fecondazione post-mortem”.

In particolare, si identifica un caso di fecondazione post-mortem quando il decesso si verifica dopo il prelievo degli ovociti ma prima della creazione degli embrioni oppure quando gli embrioni sono già stati creati ma non ancora trasferiti nell’utero della donna.

In questo articolo chiarirò i seguenti aspetti:

  1. Fecondazione assistita (omologa e eterologa) post mortem in Italia;
  2. Fecondazione assistita dopo la morte del marito (post mortem) all’estero e riconoscimento della genitorialità;
  3. Fecondazione assistita post mortem e il cognome del padre;
  4. Fecondazione assistita post mortem e la legge straniera.

Fecondazione assistita (omologa e eterologa) post-mortem in Italia

In Italia la legge non permette di ricorrere alla fecondazione assistita post mortem, in quanto per legge possono accedere alle tecniche di PMA solo coppie formate da membri che siano entrambi viventi. Vista la poca chiarezza della norma, l’interpretazione più diffusa richiede che entrambi i componenti della coppia siano in vita in ogni fase della procedura. Questo significa, quindi, che i genitori dovranno essere vivi sia al momento della creazione dell’embrione, sia al momento dell’impianto dell’embrione.

Ne deriva, pertanto, che le coppie interessate ad usufruire di questa pratica dovranno necessariamente recarsi all’estero, in paesi come la Spagna, che consentono la fecondazione omologa post mortem entro un anno dalla morte del soggetto che ha in precedenza dato il consenso all’uso del proprio seme crioconservato.

Fecondazione assistita dopo la morte del marito (post-mortem) all’estero e riconoscimento della genitorialità

Nei casi in cui la coppia ha iniziato un percorso di PMA all’estero o la donna della coppia decide di trasferire gli embrioni in un paese straniero, dopo la morte del partner o del marito, è importante capire quale sarà la tutela giuridica riconosciuta al bambino che dovesse nascere da una fecondazione post – mortem, ove possibile.

Verrà riconosciuto a tutti gli effetti come figlio legale del padre pre morto? O verrà riconosciuto soltanto come figlio della madre?

La risposta cambia, in base a una serie numerosa di fattori diversi, per esempio dove avviene la nascita e quanto tempo dopo il decesso avviene l’embryo transfer. Ciò influisce anche sulle modalità con cui opera, almeno in Italia, la presunzione di paternità che considera concepito nell’ambito del matrimonio il bambino nato prima di un determinato termine dallo scioglimento del matrimonio, causato dalla morte del padre.

Se, ad esempio, la nascita avviene oltre questo termine, vi è il rischio che non si riesca ad ottenere la registrazione negli atti dello stato civile del bambino come figlio di entrambi i genitori, con ciò che ne consegue in termini di attribuzione del cognome paterno e di esclusione del minore dalla successione del genitore.

Fecondazione assistita post-mortem e il cognome del padre

Nei casi in cui, a seguito della fecondazione assistita post-mortem, si verificano delle nascite, uno degli interrogativi che ci si pone più di frequente è se sia possibile riconoscere quel bambino, a tutti gli effetti giuridici, come figlio dell’uomo che è venuto a mancare prima della sua nascita e, in particolare, se si possa attribuire al bimbo anche il cognome del papà.

Ci sono state delle situazioni, in Italia, in cui questo è stato possibile.

Ad esempio, un caso in cui una donna aveva dichiarato alla nascita in comune il figlio come figlio di entrambi, nonostante l’avvenuta morte del marito. L’ufficiale di stato civile, però, si era rifiutato di formare l’atto di nascita con l’indicazione di entrambi i genitori indicando soltanto il nome della madre; quest’ultima si rivolgeva al Tribunale sostenendo che il marito avesse espresso la volontà di avere un figlio con la PMA anche dopo la propria morte.

I giudici hanno “dato ragione” alla donna ordinando al Comune di rettificare l’atto di nascita indicando anche il nome del padre considerato il consenso che lo stesso aveva dato per avviare le tecniche di PMA e proseguire il percorso anche dopo la sua morte.

Fecondazione assistita post mortem e la legge straniera

La situazione all’estero, in materia di fecondazione assistita post mortem è molto variegata e cambia in base alle diverse condizioni personali della coppia.

In particolare, tra i paesi stranieri In Spagna, l’accesso alla PMA post mortem è consentito a condizione che ciò avvenga entro circa 12 mesi dall’avvenuto decesso del marito. 

L’accesso alla fecondazione assistita post mortem è poi consentito, in modi diversi, in altri paesi come la Gran Bretagna, il Belgio e gli Stati Uniti.

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