Fecondazione Assistita e separazione della coppia: come gestire la crisi?

La procreazione medicalmente assistita (PMA), comunemente detta “fecondazione artificiale”, è l’insieme delle tecniche utilizzate per aiutare il concepimento in tutte le coppie affette da problematiche di infertilità e/o sterilità.

Regolamentata in Italia dalla Legge 40/2004, tra le condizioni che è necessario sussistano per poter accedere a tali trattamenti, la normativa prevede che entrambi i componenti della coppia manifestino il loro consenso per intraprendere questo percorso.

In particolare, in questo articolo, approfondirò il ruolo del consenso in materia di PMA, valutando anche i casi come la separazione della coppia, in cui il consenso venga a mancare e, dunque, le modalità con le quali affrontare tali situazioni. Risponderò, nello specifico, alle seguenti domande: 

  1. Il consenso nella procreazione medicalmente assistita: cosa dice la legge?
  2. L’intervento della Corte Costituzionale in tema di revocabilità del consenso
  3. Consenso e PMA: ci sono differenze tra uomini e donne?
  4. Separazione o divorzio: l’uomo può revocare il consenso già prestato?
  5. Linee guida 2024: in caso di separazione la donna può procedere con il transfer

Il consenso nella procreazione medicalmente assistita: cosa dice la legge?

L’art. 6 della L. 40/2004 prevede che prima del ricorso ed in ogni fase di applicazione delle tecniche di PMA, il medico informi in maniera dettagliata i soggetti che accedono a tali tecniche sui metodi, sui problemi bioetici e sui possibili effetti collaterali sanitari e psicologici conseguenti all’applicazione delle tecniche stesse, sulle probabilità di successo e sui rischi dalle stesse derivanti, nonchè sulle relative conseguenze giuridiche per la donna, per l’uomo e per il nascituro. 

Alla coppia devono essere prospettati con chiarezza i costi economici dell’intera procedura qualora si tratti di strutture private autorizzate.

Tutto ciò proprio per permettere alla coppia di assumere una decisione nella più completa consapevolezza.

La legge richiede che, prima di sottoporsi a tali trattamenti, sia l’uomo che la donna esprimano la propria volontà di procedere agli stessi congiuntamente per iscritto al medico responsabile della struttura. La volontà così espressa può essere revocata da ciascuno dei soggetti fino al momento della fecondazione dell’ovulo.

L’intervento della Corte Costituzionale in tema di revocabilità del consenso

L’importanza del consenso e dei limiti alla sua possibilità di revoca sono stati confermati anche di recente dalla Corte Costituzionale (2023) che si è pronunciata nell’ambito di un processo promosso da una donna che, dopo la separazione legale dal marito, aveva richiesto di procedere con la gravidanza usando l’embrione creato quando i coniugi erano ancora insieme e che era rimasto crioconservato nella stessa clinica dove era stato creato. L’ex marito si era opposto, revocando il consenso in precedenza fornito per la fecondazione assistita.

La Corte Costituzionale ha riconfermato il principio stabilito dalla legge che prevede che all’uomo non sia consentito revocare il consenso dopo aver consapevolmente deciso di intraprendere il trattamento. Tale irrevocabilità per i giudici, oltre ad essere necessaria per garantire la certezza giuridica e tutelare i diritti della donna, comporta anche un’assunzione di responsabilità riguardo al nascituro, che si sostanzia nel riconoscimento al nato dello stato di figlio, indipendentemente dalle vicende della coppia.

Consenso e PMA: ci sono differenze tra uomini e donne?

Tra l’altro la Corte Costituzionale rileva anche la differenza sussistente tra uomini e donne in tema di revoca del consenso alla PMA, laddove solo la donna conserva il diritto di revocare il consenso all’impianto dell’embrione. Tanto perché è la donna ad essere prevalentemente coinvolta, a livello fisico, nel percorso di PMA.

La Corte, infatti, evidenzia che, a differenza dell’uomo, l’accesso alla fecondazione assistita comporta per la donna il gravoso impegno di “mettere a disposizione la propria corporalità, con un importante investimento fisico ed emotivo in funzione della genitorialità che coinvolge rischi, aspettative e sofferenze, e che ha un punto di svolta nel momento in cui si vengono a formare uno o più embrioni”. Un investimento che, coinvolgendo il corpo e la mente della donna, è stato dalla stessa mostrato, in quanto ha fatto affidamento sul consenso dell’uomo al condiviso progetto di diventare genitori.

Separazione o divorzio: l’uomo può revocare il consenso?

E’ evidente, pertanto, osservare come, considerata l’impossibilità di revocare il consenso dopo la fecondazione degli ovociti, diventi particolarmente problematico gestire la situazione in cui la coppia decida di separarsi o divorziare.

Con la sentenza sopra menzionata, infatti è stato ribadito il principio secondo il quale il consenso già prestato non può essere revocato, una volta avvenuta la fecondazione degli ovociti, nonostante la coppia abbia deciso di interrompere la relazione.

Tale irrevocabilità, per i giudici, si rende necessaria per preservare la salute della donna e la sua integrità psico-fisica “..dalle ripercussioni negative che su di lei produrrebbe l’interruzione del percorso intrapreso, quando questo è ormai giunto alla fecondazione”.

Linee guida 2024: in caso di separazione la donna può procedere con il transfer

Anche le linee guida adottate nel 2024 dal Ministero della Salute stabiliscono, in tema di consenso informato, la possibilità di revoca da parte di ciascuno dei soggetti fino al momento della fecondazione dell’ovulo o, in caso di diagnosi genetica preimpianto, fino al momento del transfer. 

Tali linee guida, inoltre, ricalcano il principio già contenuto nella L. 40 secondo il quale non è possibile revocare il consenso successivamente all’avvenuta fecondazione degli ovociti e la donna può richiedere l’impianto dell’embrione anche se il partner sia deceduto ovvero sia cessato il loro rapporto.

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